Le cause di disosmie e disgeusie da Sars-CoV-2

Prima della pandemia di Sars-CoV-2, il 5% della popolazione soffriva di anosmia mentre il 15% di iposmia (Basile Landis). 

Ci sono statistiche molto diverse, tra il 20 e l’85%, sulla frequenza dei disturbi di gusto e olfatto nelle persone colpite da Covid-19. Stime conservative di soggetti che presentano sintomatologie olfattive Long Covid (da più di 3 mesi dall’infezione) vanno nella direzione di una incidenza fino al 22% dei soggetti affetti su base mondiale.

Le varianti di Sars-CoV-2 sembrano avere effetti diversi: la perdita di odori e sapori molto comune nel ceppo originale si era osservata anche nella variante alfa, mentre queste sintomatologie erano meno citate nelle varianti delta e omicron.

 

Studi ancora in corso mostrano come il virus Sars-CoV-2 attacchi il sistema gusto-olfattivo in maniera differenziata attraverso un meccanismo condiviso di neuroinfiammazione. Non è ancora chiaro, però, perché i sintomi abbiano durata differente in pazienti diversi, né quali siano i possibili fattori di rischio.

Diverse evidenze scientifiche affermano che il virus non colpisca direttamente i neuroni gusto-olfattivi ma le cellule di supporto, le cosiddette cellule sustentacolari, infettandole, distruggendole e causando disturbi ai sensi di gusto e olfatto. 

Secondo un’altra ricerca il virus interferirebbe anche con due geni responsabili degli impulsi per l’elaborazione di informazioni per la sintesi di molecole che hanno lo scopo di rimuovere le sostanze odorose che entrano nelle cavità nasali, legandosi ai recettori olfattivi.

Altre ricerche mettono in luce come l'infezione da Sars-CoV-2 provochi una diffusa sottoregolazione dei recettori olfattivi e dei loro componenti di segnalazione. Questo effetto è dovuto anche a una riorganizzazione dell'architettura nucleare neuronale.

Infine i più recenti studi evidenziano inoltre come la confusione mentale, spesso descritta come ‘brain fog’, possa influenzare l’olfatto alterando il ricordo degli odori.

Valutando con Risonanza Magnetica Nucleare soggetti guariti da Covid 19, è stato evidenziato che i danni prodotti dall’infezione virale (ma anche dalle risposte dell’organismo attuate per combatterla) provochino all’interno del nostro cervello una riduzione del volume della materia grigia, dell’integrità della materia bianca e una ridotta connettività funzionale.

I primi due elementi (materia grigia e bianca) rappresentano la quota organica tessutale del nostro cervello che, tecnicamente, non è possibile recuperare attraverso un semplice processo di rigenerazione ma è possibile ricostruire attraverso quel fenomeno definito plasticità neuronale.

La connettività funzionale, ovvero quella fitta rete di interconnessioni tra aree diverse, è espressione diretta della plasticità neuronale, si realizza nel corso degli anni con l’esperienza e, per esempio, consente all’individuo di associare volti e nomi, luoghi ed eventi piacevoli o meno, aromi e stati d’animo, strumenti e loro funzione, …. ma anche stimolare la rigenerazione della componente tessutale (sostanze grigia e bianca).


Per ricostruire questi circuiti, che rappresentano l’essenza del nostro vissuto e sono un problema ben noto in riabilitazione, e in particolare in quella sua branca definita cognitiva, è necessario utilizzare tecniche mirate e in tempi brevi perchè, tanto più lungo è il tempo di perdita funzionale, tanto più difficile e ridotto sarà il suo recupero oppure, pur realizzandosi un evidente recupero se le interconnessioni non si ripristinano correttamente si producono condizioni simili alla parosmia.